Nuovo ricorso da parte di 8.000 imprenditori decisi a costruire un impianto industriale fra i vigneti del Negroamaro
VEGLIE – Vietare l‘apertura di un sansificio nel parco del Negramaro viola il principio di libertà d’impresa contenuto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Con questa motivazione, un Consorzio di circa 8000 produttori agricoli salentini ha proposto un nuovo – l’ennesimo — ricorso al Consiglio di Stato chiedendo che sia proprio Bruxelles a dire se quell‘impianto debba aprire oppure no all‘interno del parco. Il Consorzio ritiene di sì, alla luce del fatto che la trasformazione della sansa in nocciolino, cioè in combustibile – attività prima del sansificio in questione – rientra a suo dire nell‘ambito della filiera agricola, e, come tale, l’impianto produttivo di trasformazione deve trovarsi in zona agricola.
Fin qui la posizione del Consorzio. Le amministrazioni dei Comuni del Parco del Negramaro – Veglie, San Pancrazio, Porto Cesareo, San Donaci, Salice Salentino — le associazioni dei produttori, le aziende agricole della zona e Italia Nostra si preparano a resistere al nuovo ricorso.
«Si contesta – dichiara l’avvocato Pietro Quinto, che ha difeso nei precedenti giudizi, fra gli altri, anche il Comune di Veglie – che un Consorzio costituito da aziende olearie, di natura eminentemente industriale, possa assumere la qualifica di imprenditore agricolo. In ogni caso — sostiene il legale — c’e una sentenza del Consiglio di Stato, passata in giudicato, che ha qualificato il processo di trasformazione della sansa in nocciolino come attività “non strettamente connessa con la trasformazione di prodotti agricoli”. Non è quindi in discussione – conclude Quinto – la libertà di iniziativa economica di un’impresa, bensì la disciplina urbanistica di un comprensorio e la determinazione del Comune di Veglie, che, a buona ragione, si oppone all‘idea che in una zona a vocazione agricola, destinata alle esigenze dell’ agricoltura e della zootecnia del territorio possa insediarsi un sansificio, tra i più grandi d’Europa».
La sentenza cui Quinto fa riferimento è del giugno 2012. Allora il Consiglio di Stato disse definitivamente di no alla possibilità di costruire un impianto industriale di lavorazione degli scarti della produzione dell‘olio in agro di Veglie. Il primo progetto risale al 2008. Un grande imprenditore salentino era intenzionato allora a fare di un vecchio pomodorificio dismesso un impianto capace di trasformare la sansa in nocciolino, un combustibile per riscaldamento che rende più del carbone. Inizialmente, l‘imprenditore aveva ottenuto l’autorizzazione del Comune di Veglie, ma aveva anche sollevato le proteste vibranti dei Comuni vicini, i primi a fare ricorso al Tar: in quell‘area, infatti, ci sono vigneti pregiati e non la si può deturpare, sostennero le amministrazioni, con il continuo passaggio di camion per il trasporto di 13mila quintali di sansa al giorno. Tanto in primo che in secondo grado, i giudici amministrativi hanno accolto le ragioni di Porto Cesareo, Guagnano, San Donaci e Salice Salentino, difesi dall‘avvocato Quinto, ma questo non è bastato a far finire il progetto in un cassetto. Un Consorzio di produttori agricoli salentini lo ha riproposto, ma stavolta la nuova amministrazione di Veglie, con il sindaco Sandro Aprile, ha negato l’autorizzazione. Da qui un nuovo ricorso al Tar — rigettato — da parte del Consorzio e l’appello al Consiglio di Stato che a giugno ha detto la sua parola definitiva: il sansificio non deve essere costruito. Ora il nuovo ricorso. E la parola torna ai giudici di Palazzo Spada.
Paolo Ancora
(Tratto dal Nuovo Quotidiano di Puglia – Lecce – di Giovedì 24 Gennaio 2013)