Le motivazioni per non accettare la riforma Boschi risiedono e si concentrano nel fatto che il popolo italiano viene esautorato dal naturale esercizio di cittadinanza: il voto.
Per l’attuale classe politica il suffragio universale è un argomento spinoso che danneggia e infastidisce i disegni di dominio, derivanti da corporazioni e multinazionali dell’alta finanza, votate esclusivamente al profitto sia nazionale che sovranazionale. Infatti, per addomesticare la nostra maltrattata democrazia si avanza l’ipotesi di rendere il Senato non più eleggibile dal popolo. – La procedura di elezione dei senatori è talmente incredibile che non trova analoghe modalità in nessuna altra democrazia. I Senatori sono eletti dai
consiglieri regionali, si eleggono tra loro e alcuni sindaci – Questo è un modo per controllare gli esiti dell’elezione; inoltre, nei consigli regionali vi è la presenza di un elevato numero di consiglieri corrotti e la stessa riforma, prevede per gli eletti, il riconoscimento dell’immunità parlamentare. In altre parole, i consiglieri regionali, ove venissero eletti senatori sarebbero garantiti dall’immunità potendo così agire indisturbati per svolgere il lavoro “sporco”, dettato da un governo asservito ai poteri forti della finanza.
Seguiamo la vicenda con ordine. La procedura di revisione costituzionale è iniziata dopo che la corte costituzionale con la sentenza del 14 Gennaio 2014 n°1 ha dichiarato incostituzionale la legge elettorale (il c.d. porcellum) sulla quale si basa la XVII legislatura repubblicana. Ne deriva, un governo, che non ha la legittimità popolare e che redige direttamente il disegno di revisione costituzionale, che risente fortemente dell’indirizzo politico della maggioranza.
Da un punto di vista politico questo è un fatto molto grave.
Non che la Costituzione lo vieti espressamente, ma le precedenti revisioni costituzionali sono state predisposte dal Parlamento, come indicato dei padri Costituenti, nella speranza che la Costituzione rappresenti la casa comune degli italiani. Sicché le revisioni costituzionali devono essere inclusive accogliendo il maggior numero di forze Altro articolo citato nella sua giurisprudenza dalla corte costituzionale, sempre nella sentenza n°1 del 2014, fa riferimento all’Art. 3 Cost., nel quale è sancito il principio di eguaglianza nei suoi due aspetti: formale e sostanziale; principi tenuti in equilibrio dal principio di ragionevolezza, grazie al quale le disposizioni normative, contenute negli atti aventi valore di legge devono essere adeguate o congruenti. Principio, quest’ultimo, che da sempre è linea guida e trova applicazione nell’Ordinamento, in quanto non può essere prevista una regola e successivamente un’altra con indicazioni opposte alla precedente, solo i monarchi assoluti potevano fare e disfare a loro piacimento.
A tal riguardo nella riforma costituzionale Boschi, gli elementi controversi sono numerosi:
Il primo, cui abbiamo già accennato, è costituito dal fatto che si nega l’eleggibilità del Senato, ancorché gli venga ribadita la funzione legislativa e di revisione Costituzionale; Un Senato composto da cento senatori, rende irrilevante il voto del Senato, nelle materie in cui si prevede il Parlamento in seduta comune come nell’elezione del Presidente della Repubblica o dei componenti del consiglio superiore della magistratura.
Un Senato così composto potrebbe accogliere persone che nel complesso risultino screditate. Ciò incide sulla composizione della corte costituzionale con l’elezione di due Giudici. Invece, spettano irrazionalmente, solo tre Giudici della corte costituzionale, alla Camera dei Deputati composta da seicentotrenta Deputati.
I senatori sono contemporaneamente anche consiglieri regionali o sindaci, dei senatori part-time, che svolgeranno male il loro mandato senatoriale, si consideri che le materie assegnate al Senato sono tutt’altro che secondarie.
(Funzione legislativa ordinaria e costituzionale; Raccordo tra lo Stato, le Regioni e i Comuni, con l’Unione Europea; ecc. ecc.)
È incredibile che il Senato rappresenti le autonomie territoriali. Le autonomie territoriali possono essere rappresentate in uno stato federale, in uno stato unitario, regionale come l’Italia, la rappresentatività è politicopartitica.
Per approdare a una soluzione federale si sarebbe dovuto prevedere il mandato imperativo per i senatori, in questo modo i governi regionali potrebbero imprimere un chiaro indirizzo al voto dei nuovi fasulli senatori delle autonomie territoriali. Il Senato è sempre organo dello Stato italiano, la revisione costituzionale non è fatta in nome delle autonomie territoriali, le leggi sono fatte in nome del popolo italiano.
Non appare fondata l’immunità penale ai senatori. Un conto, infatti, è riconoscere l’insindacabilità d’opinione, di voto, altro conto è l’immunità penale, un senatore, anche ove avesse compiuto atti penalmente perseguibili, gli varrebbe l’immunità potendo essere indagato ed, eventualmente, processato solo laddove il senato lo autorizzi.
Questi sono solo alcuni degli elementi irragionevoli, che la riforma Boschi presenta, i quali vanno a sommarsi ad una legge elettorale, il c.d. italicum, con la quale forma un unico ed indistinguibile corpo. Nel disegno renziano, l’elemento che unifica e allo stesso tempo salda, il sistema di revisione costituzionale alla legge elettorale sembra essere solo quello di dominare le istituzioni e di prendere in mano il governo dello Stato. In altri termini, quello di far tacere le minoranze ed andare avanti senza intoppi, in nome della velocità e dell’efficienza, ma questi paiono falsi miti, miti autoritari non certo programmi per una democrazia costituzionale. I sostenitori della riforma si difendono e adducono spesso motivazioni fantasiose, che probabilmente non li rende neppure consapevoli del pericoloso meccanismo che stanno innescando (Zagrebelsky 2016). Dinnanzi a questa riforma, l’unica soluzione appare quella di dissentire e votare no perché la democrazia necessita di “contro-poteri” e il “sistema” proposto dalla riforma Boschi è praticamente privo.
Io sostengo il NO.
Pasquale Cirillo