Dalle crisi politiche mal gestite si esce da destra
La garbata risposta di Pompilio Greco (leggi qui) ad una mia lettera aperta ai tanti amici che militano e sostengono i 5stelle è la dimostrazione che si può discutere di politica motivando le proprie scelte, senza la presunzione di possedere la verità, e rispettando, nel confronto della diversità, le idee degli altri. Questa premessa, benché possa apparire formale e di convenienza, è in realtà sostanziale e di civile apprezzamento verso un interlocutore che ha scelto la cortesia, le buone maniere per articolare un ragionamento
tanto apprezzabile nell’esposizione, quanto discutibile nel contenuto. Coloro che non sopportano il politicamente corretto e trovano melenso questo incipit se ne faranno una ragione.
Ma riprendiamo la discussione. La storia ha ampiamente dimostrato che dalle crisi politiche mal gestite si esce da destra. Avvenne nel ’22 con il Fascismo in Italia, in Germania con il Nazismo nel ’33; in Spagna il Franchismo rimase al potere dal ’39 al ’75, Pinochet con un golpe militare impose la dittatura al Cile dal ’73 al 90. Queste dittature, così racconta la storiografia, sono maturate anche come conseguenza dell’incapacità dello schieramento alternativo di saper trovare un accordo nel suo interno in grado di dare risposte esaustive al malessere sociale ed economico, che emergeva nelle società prostrate dalla crisi.
In seguito a crisi sociali e di rappresentanza, negli ultimi anni sono arrivati alla guida dei loro paesi, riducendone le garanzie democratiche, Victor Orban in Ungheria, Robert Fico in Slovacchia, Beata Szdlo in Polonia, Tayyp Erdogan in Turchia.
Analizziamo il caso Italia, dove l’accoppiata Grillo-Salvini è accreditata come vincente alle prossime elezioni.
Il Grillismo, ancor prima di essere un movimento politico, è una visione secondo la quale il popolo è più virtuoso e più onesto delle sua rappresentanza politica. Questa visione considera il popolo un’entità unitaria, senza alcuna distinzione al proprio interno, la realtà virtuale e quella digitale sostituibili con le diverse storie e i vissuti differenti di uomini e donne. “Nel passato, il popolo è stato fatto coincidere con una razza, un’etnia o una classe. Oggi, viene fatto coincidere con una nazione. Quest’idea è all’origine di tutti i mali. Essa ha sostenuto e continua a sostenere tutti i movimenti autoritari e totalitari europei degli ultimi due secoli. Siccome il popolo è un tutt’uno, non c’è bisogno della libertà, che si impone invece là dove ci sono differenze. I populisti sono contrari alla democrazia rappresentativa in quanto sistema che alimenta la corruzione dei rappresentanti. Nelle parole di Luigi Di Maio o di Matteo Salvini gli avversari sono nemici da disprezzare, élite corrotte e traditrici. Per definizione, chi è fuori del potere è pulito, chi è dentro il potere è sporco. Il compito dei populisti è quello di portare il popolo ad esercitare direttamente il suo potere. Talora attraverso rappresentanti-portavoce (che dovrebbero essere obbligati al vincolo di mandato), talaltra attraverso strumenti tecnologici (come la piattaforma Rousseau, nel caso dei 5 Stelle). In realtà, la visione anti-pluralista ha generato ovunque il centralismo autoritario delle decisioni (basti vedere il controllo feudale dei 5 Stelle da parte del suo fondatore), mentre la visione moralista ha alimentato una cultura del complotto e dell’inimicizia (basti vedere l’accusa di ladrocinio a chiunque abbia un ruolo pubblico). Ma soprattutto l’anti-pluralismo moralista ha reso impermeabili molti elettori dei partiti populisti dalle evidenze empiriche circa i risultati dell’azione di quei partiti. Insomma, non saranno i fallimenti della Giunta Raggi al Comune di Roma che allontaneranno gli elettori dai 5 Stelle, proprio perché quest’ultimo è nato per promuovere la loro identità, non già per risolvere i loro problemi.”
I problemi del paese restano, molto spesso aggravati da una sovrastruttura intergovernativa europea, la quale antepone regole e trattati a scelte politiche necessarie ad affrontare crisi economiche e sociali che minacciano la tenuta del sistema.
Viene così servita al populismo la testa di un nuovo nemico: la tecnocrazia europea e i suoi agenti nazionali.
“Se queste sono le caratteristiche del populismo, come contrastarlo? Occorre innanzitutto risolvere le cause del malessere sociale che soffiano sulle vele della mobilitazione populista, da un’insopportabile corruzione diffusa della vita pubblica ad un’inaccettabile diseguaglianza sociale e ad un’ingiustificabile paralisi del progetto di integrazione. Ma il populismo va contrastato anche sul piano culturale, in quanto rappresenta una vera e propria minaccia esistenziale per la democrazia rappresentativa.”
E’ necessario, inoltre, vigilare sulle caratteristiche linguistiche del populismo: i leader dei partiti anti-populisti non possono inseguire le espressioni che lacerano la storia fragile delle istituzioni del nostro Paese, che sono costate la vita a quanti hanno lottato contro una recente dittatura.