I risultati delle elezioni comunali 2020 possono essere una occasione per valutare lo stato di salute della democrazia locale.
Come un aereo, un ente locale, anche piccolo, si regge su due ali: la qualità delle persone con ruoli politici e amministrativi, con le relative modalità di scelta, e le infrastrutture tecnico-economiche.
L’attenzione alla prima ala, attraverso la lettura dei soli numeri delle elezioni amministrative del 20-21 settembre 2020 del Comune di Veglie, senza lenti colorate ideologiche di parte, ci consegna la fotografia di una democrazia locale disastrosa e in affanno.
Metto le mani avanti e confesso che non credo a chi sostiene che la responsabilità di questo disastro vada fatta ricadere sui vegliesi che votano male né su una mossa sbagliata di dieci consiglieri della passata legislatura.
Data | Elettori | Votanti | % | numero liste | sindaco eletto | num. Voti | % |
06/06/1993 | 10.739 | 9.185 | 85,53 | quattro |
GRECO |
3.555 | 40,09 |
27/04/1997 | 11.254 | 9.010 | 80,06 | due | GRECO | 6.715 | 78,23 |
16/04/2000 | 11.483 | 9.452 | 82,31 | tre | CARLA’ ROB. | 5.079 | 56,24 |
03/04/2005 |
11.938 | 9.881 | 82,77 | quattro | FAI | 3.535 | 37,01 |
28/03/2010 | 12.235 | 9.862 | 80,60 | cinque | APRILE | 4.006 | 41,93 |
31/05/2015 | 12.385 | 8.833 | 71,32 | cinque | PALADINI | 3.532 | 41,38 |
20/09/2020 | 12.215 | 8.736 | 71,52 | cinque | PALADINI | 2.432 | 28,71 |
Di questi sei mandati amministrativi cinque sono terminati con la sfiducia nei confronti del sindaco.
Cosa ci dice questa semplice tabella? La riforma del 1993, con la elezione diretta del sindaco, non ha garantito né la governabilità né la democrazia del nostro comune. In quest’ultima tornata 2020, però:
– per la prima volta, dopo quasi trent’anni, un sindaco è stato eletto con numero di voti e con una percentuale così bassa. Ora deve amministrare senza che circa 10 mila elettori e 6.304 votanti lo abbiano scelto. Anche quando, come nel 1993, il distacco tra la lista vincente e la seconda fu di appena 52 voti, il numero dei sostenitori del sindaco eletto fu di 3.555 voti e la percentuale fu del 40,09. E qui non è in discussione la qualità personale del sindaco vincente.
Anche se avesse vinto il secondo candidato con così bassa percentuale, sarebbe stato lo stesso un problema;
– per la prima volta il sindaco uscente ha voluto ripresentarsi agli elettori per un secondo mandato e ha ottenuto 1.100 voti in meno di quelli che lo avevano votato nel 2015.
Bastano a spiegare una percentuale così bassa le troppe liste e la frantumazione degli avversari del sindaco eletto? Si dice, come nel calcio: non ha vinto l’eletto ma hanno perso gli avversari. Questa lettura non spiega molto. Anche in altre due tornate vi era stata la presentazione di cinque liste eppure mai era stata una percentuale così bassa per il sindaco eletto.
Infine, è stata sostenuta anche la tesi “che la improvvida e impolitica mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti a mandato ormai scaduto lo (n.d.r. il sindaco uscente) hanno rivitalizzato”.
Anche questa tesi non regge:
– i consiglieri della vecchia maggioranza che non lo hanno sfiduciato hanno ottenuto meno preferenze di quelli che lo avevano sfiduciato. Quest’ultimi che si sono ricandidati (7 dei 10 consiglieri sfiducianti) in liste diverse da quella del sindaco sfiduciato hanno ottenuto 1.649 preferenze contro le 1.287 preferenze dei 4 consiglieri ricandidati (sui 5 originari) che non
avevano approvato la mozione di sfiducia (escludendo dal conteggio i due candidati sindaco della lista Veglie Unita e Insieme si può).
Se poi si mettono in ordine decrescente le preferenze dei 77 consiglieri candidati nelle 5 liste, tra i primi 16 posti per essere eletti in consiglio comunale si piazzano solo 4 consiglieri della lista del sindaco uscente.
– Il portavoce cittadino di Fratelli d’Italia, in coerenza con quanto scritto l’8 maggio 2020, ritiene che nei cinque anni della passata amministrazione il sindaco vincente ha fatto “errori e sbagli che, nel caso di specie, avevano danneggiato la corretta amministrazione di Veglie”.
E su questo ha ragione. Ma poi perché Fratelli d’Italia ha sostenuto, “a mani nude” (secondo l’espressione dello stesso portavoce), un candidato già fallimentare? La spiegazione data è disarmante: per ragioni di purezza politica (le altre liste erano troppo trasversali e con componenti del PD), come a dire, “so, perché lo conosco bene, che potrebbe tenere nella palude per altri cinque anni il paese. Basta che non perseveri nel danno al paese. Punto tutto sulla squadra, cioè su Fratelli d’Italia. Siamo noi l’antidoto per ‘rinsaldare il rapporto con la popolazione’”. Il portavoce si dimentica due cose: il problema è di struttura e non perché Fratelli d’Italia ora è nella regia di comando se ne può dimenticare. E ancora, dimentica che 4 eletti su 11, tra i più suffragati, sono gli stessi della squadra di prima.
Perciò la spiegazione che la mozione di sfiducia avesse fatto vincere la lista di Veglie Unita non regge. Tranne che non si voglia sostenere che l’errore è stato di aver presentato la mozione di sfiducia alla fine del mandato e non già nel 2016.
La mia spiegazione della attuale crisi della democrazia locale è più radicale:
è l’attuale sistema elettorale maggioritario secco che rende le elezioni comunali senza un futuro per il bene del paese. E non perché c’è troppa democrazia ma perché la modalità di esercitarla è distorta e carente. Mi spiego.
I nuovi “mali” della democrazia – la corruzione, l’antipolitica, l’astensionismo, l’esclusione sociale, il populismo, le oligarchie – hanno attecchito nei governi locali. L’elezione diretta dei sindaci, introdotta nel 1993, ha contributo ad introdurre fenomeni di personalizzazione. Non è un caso che tutti vogliano fare il sindaco, anche quelli incompetenti, quelli che mettono insieme posto di lavoro e passatempo comunale, quelli le cui motivazioni per candidarsi sono indicibili. E la partita tra le forze in campo si gioca solo sulla scelta del candidato sindaco.
Il sistema maggioritario secco, inoltre, per un comune di 14 abitanti è un danno enorme per la preparazione e la scelta del personale politico amministrativo. La scelta del personale politico passa solo dal tritacarne elettorale. A danno di tante nuove intelligenze, che, anche questa volta, erano presenti nelle diverse liste. E che maciullate dalla gramigna dell’invidia e della lotta elettorale fratricida non le vedrai più sulla scena per un ruolo pubblico.
Infine, gli eletti rischiano di non rappresentare più nessuno se non se stessi, in assenza di aggregazioni che elaborino e propongano contenuti politico-amministrativi. E con soggetti solo sempre più furbi, voraci di visibilità e di interessi, per qualsiasi sindaco è difficilissimo amministrare.
Questo sistema maggioritario secco è un danno anche perché, in genere, le liste si formano nell’ultimo mese, con l’unico obiettivo di vincere e scegliendo, perciò, i candidati col criterio che siano soggetti portatori di voti più che di idee e di progetti.
Ed ecco, perché la mia non sia solo un’analisi, alcune proposte:
– chiedere al legislatore una totale modifica della legge 81/93 e introdurre il proporzionale è chiedere la luna nel pozzo. Non mi sembra chiedere troppo a tutte le forze politiche nazionali, però, di introdurre il doppio turno anche negli enti locali al di sopra dei cinque mila abitanti;
– occorre rivedere la legge Bassanini che assegna ai politici il compito di “indirizzo e controllo” e ai funzionari “la gestione” di un ente locale. La debolezza della parte politica ha reso troppo permeabile questa distinzione. In questa fase di transizione a causa del covid, anche un ente locale non sarà più lo stesso di prima. Il rapporto tra classe politica e i pochi funzionari rimasti
si complica sempre di più. Basta pensare al lavoro da casa dei dipendenti comunali che sarà regolato dalla legge. Gli 11 attuali eletti di maggioranza saranno in grado di individuare obiettivi generali e specifici da assegnare ai dipendenti? O ancora una volta come in passato quando l’ente locale continuerà ad essere una palude la colpa sarà tutta e solo dei dipendenti?
– occorre rivedere le funzioni assegnate a un ente locale: sistemare una strada, concedere una licenza edilizia, tutelare il territorio ecc. sono funzioni importanti. Ma chi pensa alla formazione della sua classe politica? Prima ci pensavano i partiti, il mondo cattolico… I comuni formano classe politica per le province, per le regioni e per il parlamento. E per i comuni chi ci pensa? Senza i corpi intermedi, con un mondo cattolico sempre più ripiegato su
se stesso e con scarsa attenzione alla dimensione civica della vita, chi si appresta a candidarsi a consigliere comunale lo fa senza alcuna adeguata preparazione. C’è la scuola, è stata reintrodotta l’educazione civica, ma non basta. La funzione di preparare la qualità dei suoi amministratori deve essere assegnata dal legislatore all’ente locale.
Lo scontro senza esclusione colpi di questi mesi non passerà presto, ma solo se c’è chi è capace di non fissare il proprio ombelico e ha uno sguardo lungo e idee in testa, ci può essere un futuro per il nostro ente locale.
28 settembre 2020 Antonio Greco