Era il 1997 quando l’associazione culturale “Tiche” di Veglie pubblicava l’opuscolo: Santo Stefano. Spazialità “In Tempo?”, con note storiche di Luigi Mazzotta.
I più anziani la ricordavano come edificio adibito a pescheria, in via San Giovanni, nel cuore del centro storico. Secondo testimonianze orali del vicinato, durante la seconda guerra mondiale alcune famiglie la utilizzavano come dormitorio.
In passato usata anche come deposito comunale, Tiche otteneva il comodato d’uso da parte del Comune di Veglie per aprirla al pubblico e svolgere qualche evento culturale, ospitando anche altre associazioni. Un luogo raccolto, in inverno freddo, con i muri interni ancora piastrellati, ma c’era l’entusiasmo di portare alla luce un bene architettonico dimenticato.
Esistente con certezza dall’inizio del XVI secolo, dotata di campana, un unico ambiente, un solo altare con una tela su cui era raffigurata l’immagine del santo; oramai spoglia di tutto.
Nel 1809 Napoleone Bonaparte confiscava i beni ecclesiastici, pertanto proprietaria della chiesetta diventava l’Università di Veglie (il Comune), che nel 1865 decideva di restaurare l’immobile in stato di abbandono per farne una scuola elementare.
Nel 2013 l’ultimo restauro cofinanziato dal Comune di Veglie e Piano Sviluppo Rurale, fondo F.E.A.S.R., per farne uno spazio espositivo ed incentivare le attività turistiche.
Attualmente il prospetto è tornato ad essere anonimo: il sole ha avuto la meglio sulla targa stampata su lamierino, affissa dopo il restauro. Sarebbe opportuno sostituirla con una più durevole realizzata con incisione, o meglio installare una tabella illustrativa in lingua italiana e inglese solitamente presente davanti alle chiese.
Veglie, 01/12/2020
Dott. Fabio Coppola