CONSIDERAZIONI SULLA CULTURA A VEGLIE – di A.Greco

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cultura Greco A

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Un sentire diffuso tra gli stessi vegliesi ritiene che Veglie sia “un paese arretrato”.

«Arretrare» significa «indietreggiare», «tornare indietro». Ma rispetto a chi e rispetto a quando?

È cambiato tutto: quando sono nato (1945) la II guerra mondiale anche a Veglie era finita da un paio di mesi. Il paese aveva 7.386 abitanti. Nel 1951 (anno del censimento dopo l’ultimo del 1936) gli abitanti erano 8.434; nel 2011 erano diventati 14.304 (il numero di abitanti più alto della storia vegliese); nel 2020 (con una perdita di 845 abitanti in nove anni) gli abitanti sono scesi a 13.458.

I vegliesi (non solo) dopo il 1945, con la memoria della guerra alle spalle, hanno sognato un mondo libero dalla guerra, dalla fame, dalla malattia, dalla fatica che rendeva bruti, si sono liberati di questi flagelli e di conseguenza sono cresciuti in numero.

L’artefice principale di questo benessere è stata la tecnologia: l’elettricità, l’acqua al rubinetto, la rete fognaria (questa in forte ritardo!), l’auto, il frigorifero, la lavatrice, la televisione, internet, la medicina… Abbiamo inventato il credito, il mercato, le banche, il bancomat, il pin… Le conseguenze più visibili? Si è molto allungata la vita e le sue aspettative: oggi la media di vita si attesta intorno a 83 anni.

Ma la crescita e la modernità tecnologica ci hanno fatto impattare con una realtà comunitaria molto più complessa e con enormi problemi: una tecnologia che costa sempre di più e che mangia sempre più soldi, poi la gestione e poi la specializzazione, e poi, e poi…

Da noi stessa prodotta, la tecnologia è figlia della nostra cultura e del nostro cervello. Sempre più, però, essa sfugge al controllo dell’una e dell’altro. Fatichiamo molto a gestirla. Se ne va per i fatti suoi, e spesso di essa viene fatto un uso peggiore e dannoso: spaventosi incidenti, inquinamento, spreco di risorse, rifiuti, sfregio all’ambiente… e, in questi giorni con la guerra in Ucraina, sperimentiamo anche l’aberrante applicazione della tecnologia alle armi, nucleari e convenzionali, fittiziamente classificate come armi per deterrenza, difesa e/o offesa: un enorme arsenale «irrazionale», pronto per una distruzione universale senza scampo per nessuno.

I sociologi ci spiegano questo stato di cose con la “teoria del ritardo culturale”: il nostro cervello e la cultura civile, che progrediscono come le lumache, diventano sempre più inadeguati a maneggiare la tecnologia che se ne va per conto suo.

Istruzione e cultura, che non sono la stessa cosa, sono i mezzi con i quali una collettività si può rapportare con la modernità tecnologica. La istruzione è la scuola fatta di libri, esami e titoli di studio. La cultura, invece, non è qualcosa di libresco, ma è senso del mondo e della storia. La cultura è un alfabeto necessario quando ci si misura con una realtà globale e differenziata come la nostra.

 

Per una fotografia della istruzione e della cultura a Veglie ho fatto riferimento ai dati del censimento popolare aggiornato al 2020 dell’ISTAT, riguardanti l’indicatore “istruzione per età” del nostro comune, e li ho messi a confronto con alcuni dati della Veglie del 1940-1945. È utile dimostrare il cammino fatto in 77 anni e capire quanto e come la istruzione scolastica locale determina la vita concreta dei cittadini e dell’ente comunale.

1)   Grado di istruzione per sesso e classe di età a Veglie

Il punto di partenza: dati istruzione a Veglie 1940-451

La popolazione scolastica negli anni e nelle classi dal 1940 al 1945, secondo i registri della scuola elementare2 di Veglie:

1941 (

6.865)

: n. 517

1942 (

6.952)

: n. 626

1943 (

7.163)

: n. 552

1944 (

7.290)

: n. 341

1945 (

7.386)

: n. 318

 

1940 (residenti 6.704) alunni frequentanti: n. 484

Le classi hanno più di 50 alunni ognuna. Censimento del 1951:

Popolazione residente, da sei anni in su: n. 7.196 (di cui 3.628 maschi). Popolazione in età di obbligo scolastico: n. 1167 (di cui 620 maschi).

Analfabeti: n. 2.389 (33,20%) di cui 207 in età di obbligo scolastico.

Alfabeti:

-n. 2004 (27,85%) privi del titolo di studio

-n. 2666 (37,05%) con titolo di studio della scuola elementare

-n.      62 ( 0,86%) con titolo di studio della scuola media inferiore

-n.      64 ( 0,88%) con titolo di studio della scuola media superiore

-n.      11 ( 0,16%) con titolo di studio universitario.

Queste le radici dell’istruzione vegliese nel 1951: il 98,10% era analfabeta o alfabeta senza titolo di studio o con titolo di studio della scuola elementare. Il resto istruito era l’1,90%.

La formazione scolastica prima e durante la guerra non era avvertita come utile e necessaria. “La scarsa diffusione dei mezzi di trasporto e di comunicazione, la

prevalenza della professione agricola tra gli uomini e anche tra le donne, la scarsa emancipazione della donna, per la quale il posto è esclusivamente tra le mura domestiche, sono tutte considerazioni che non spingono le persone ad elevare il proprio grado di cultura. A che servirà, infatti, l’istruzione se i giornali da leggere sono pochi e se forse non si uscirà mai dal paese? E se la maggior parte della vita viene trascorsa lavorando da mattina a sera in campagna? Di quale utilità sarà l’istruzione per la donna, se deve accudire alle faccende domestiche e aiutare gli uomini nei lavori agricoli?3.

Queste spiegazioni, unite al totale disinteresse (come è dimostrato dai bilanci annuali del Comune) dei tre Podestà che si susseguono alla guida del Comune (Notaro, Dell’Anna e Mazzotta, il primo e l’ultimo, insegnati) per la istruzione scolastica vegliese, ci danno il quadro storico delle radici da cui partire per una lettura corretta della mentalità di un paese.

Istruzione a Veglie: DATI ISTAT 20204

Popolazione residente: n. 13.458, di cui 6.476 maschi e 6.982 femmine (i residenti straniero-a apolide di età 10-19 anni sono n. 29 su un totale di 1.403 della stessa età.

Il totale di stranieri-apolide residenti a Veglie è di 295 (2,19%).

  1. nessun titolo di studio: 1 203 (8,93%) (così suddivisi):

tra 9-24 anni: n. 237 (di cui 123 maschi e 114 femmine)

tra 25-49: n. 29 (di cui 19 maschi e 10 femmine)

tra 50-64: n. 83 (di cui 26 maschi e 57 femmine)

tra 65 +: n. 854 (di cui 230 maschi e 624 femmine)

  1. sola licenza scuola elementare: n. 2 348 (17,44%) (di cui 1.030 maschi e 1318 femmine)

Totale (a+b): n. 3551 (26,38%)

  1. licenza media o avviamento professionale (conseguito non oltre l’anno 1965)

/Diploma di Istruzione secondaria di I grado:

tra 9-24 anni: n. 876 (di cui 450 maschi e 426 femmine) (6,50%)

  1. popolazione residente che si sposta giornalmente, per luogo di destinazione e motivo dello spostamento nel 2019: per studio sono 323 (17,26%).

Se raffrontiamo questo dato con lo stesso del 2018, n. 2.343, otteniamo il numero di 20 studenti vegliesi che vanno fuori regione a studiare (e che, quasi certamente, da laureati la maggior parte non tornerà più in paese). Perdere

circa 20 “intelligenze” all’anno, non è poco per il livello culturale di una

popolazione locale.

  1. titolo di studio terziario di secondo livello e dottorato di ricerca: 849 (6,30%) (di cui 364 maschi e 485 femmine).

In nota ho selezionato, spiegandone il motivo5, i dati di Leverano6 e di Campi7.

2)  Offerta culturale a Veglie

Un titolo di studio non esaurisce la formazione culturale di un individuo e tanto meno bastano i titoli per definire la “saggezza e il sapere” di una collettività. Senza

dubbio la istruzione è un elemento importante per stabilire il grado di ritardo o arretratezza di una popolazione. Ma, a volte, la scuola frequentata solo per ottenere un titolo, l’università frequentata solo per ottenere “il pezzo di carta”, al solo scopo di premettere al proprio cognome il “dott.” per fare carriera sul posto di lavoro, hanno fatto dire che “la laurea è il segno visibile dell’ignoranza invisibile”.

Una società, oltre alla scuola, ha altri strumenti formativi permanenti: archivi e biblioteche, musei, mostre, siti archeologici e monumenti, concerti, teatro, cinema, spettacoli sportivi, televisione e radio, lettura di quotidiani e libri, utilizzo del personal computer e uso di internet.

Misurare l’offerta e la domanda culturale vegliese non è l’oggetto di questa breve ricerca. Potrebbe, invece, essere essenziale per qualsiasi programmazione culturale seria.

Sappiamo che l’archivio comunale è un cimitero di carte non consultabili, la biblioteca comunale non è un luogo di cultura ma ufficio per ricerche elementari, due sale cinema presenti a Veglie non sono più in attività da tempo. Non vi è un luogo dove fare teatro, invocato (dai tempi dei surrogati teatrali che si svolgevano in parrocchia) da valide compagnie costrette ad emigrare. La musica a Veglie esprime attenzioni e professionalità affermate ma non strutture adeguate. Così anche l’arte e l’artigianato.

A riguardo potrebbero essere utili i dati del Benessere Equo Sostenibile della provincia di Lecce pubblicati nel 20218, che però non sono disaggregati per comuni della provincia. Ma pur senza dati oggettivi sulla domanda e sull’offerta culturale vegliesi, è facile sostenere che “il ritardo della offerta culturale” a Veglie è enorme ed appare del tutto ingiustificabile.

Annotazioni e interrogativi

Per rispondere all’interrogativo posto all’inizio di questa scheda pongo alcune annotazioni, provvisorie, e alcuni interrogativi.

Non è oggetto di questa ricerca la qualità e l’organizzazione interna degli istituti scolastici presenti sul territorio. Per questo aspetto mi ritrovo nei contenuti del Manifesto per la nuova Scuola, un documento elaborato da un gruppo di insegnanti di tutta Italia, che è stato sottoscritto da moltissimi docenti anche universitari e da intellettuali9, redatto dopo i costi pesantissimi che principalmente gli studenti hanno pagato a causa del covid.

  • In 75 anni, a Veglie i senza titolo di studio uniti a quelli che hanno solo la licenza elementare, sono passati dal 98% al 26% della popolazione. Un salto numerico impressionante: moltissimi vegliesi hanno capito l’importanza di far studiare i figli e di mandarli a

Impressiona, però, anche il numero di 237 vegliesi, di età tra 9 e 24 anni, che nel 2020 sono senza nessun titolo di studio. Significa che, per i motivi che i numeri non possono dire, il diritto all’istruzione o il dovere all’istruzione per 237 cittadini nel 2020 non sono stati esercitati. Per i nati dal 01/01/1993 l’obbligo scolastico si intende assolto con l’ammissione al terzo anno di scuola superiore o con la frequenza di dieci anni di studio al compimento del 18° anno di età. Nel 2020 i nati nel 1996 erano soggetti all’obbligo scolastico fino a 16 anni. Ai 237 senza titolo di studio vanno aggiunti i tanti che hanno abbandonato la scuola prima dell’obbligo dei 16 anni.

Si dirà: c’è stato il covid. Ma non c’entra nulla il covid perché nel 2019 i vegliesi di età tra 9 e 24 anni, senza nessun titolo di studio, risultano 242, addirittura in più rispetto all’anno del covid. Né c’entrano gli immigrati perché il loro numero di appena 29, ammesso che nessuno di loro vada a scuola (e questo sarebbe non meno grave), è irrilevante rispetto a 237 evasori scolastici.

La “scuola che perde” del 1951, in cui l’obbligo scolastico era di 5 anni, gli analfabeti in età scolastica risultavano 207, in percentuale l’8,66 degli stessi. Il rispetto dell’obbligo scolastico della scuola vegliese nel 2020 (con l’obbligo della durata di 10 anni) non è assolto da 237, in percentuale il 19,70. Nei confronti dell’evasione scolastica sembra ci sia stata più attenzione durante la Seconda guerra mondiale di oggi.

Tra il 1975 e il 2000 il fenomeno degli evasori scolastici è molto meno consistente: i sopravvissuti senza titolo di studio, di età 25-60 anni nel 2020, erano molti di meno (n. 45 maschi e 67 femmine).

La scuola è la prima sorgente e il primo esercizio di civiltà e comunità. E per me, anche di democrazia. La istruzione scolastica è un diritto che deve essere garantito a tutti gli esseri umani indipendentemente da sesso, genere, classe sociale. I diritti o esistono per tutti, o non esistono. Se non esistono per tutti si rivelano privilegi di natura culturale, sociale, economica. La legge impone al Sindaco e alla Scuola di fare rispettare l’obbligo scolastico. I numeri ci dicono che l’evasione scolastica è un fenomeno grave e di ritorno.

Ecco un primo interrogativo: quali controlli vengono esercitati, soprattutto dall’ente locale, perché a tutti sia assicurato il diritto allo studio e da tutti esercitato, e sia eliminata l’evasione dell’obbligo scolastico?

  • Il numero di 849 dei laureati residenti a Veglie è appena il 6,3% della A Leverano è il 6,9 (101 unità più di Veglie); a Campi sale all’11,3 (271 unità più di Veglie).

Ma risalta un dato particolare: nel 2020 le donne laureate sono 485 (il 57,1%): hanno superato di 121 unità i maschi. 352 laureate su 485 (il 72,5%) hanno età compresa tra i 25 e 49 anni. Significa che dal 1975 in poi, sul piano dell’istruzione, vi è stata una vera e propria rivoluzione. Sembra, però, che la mentalità del “ritardo culturale” non ne abbia risentito. Anzi i numeri e l’esperienza portano a pensare che vi sia un ritorno della cultura patriarcale e un ritorno di fiamma del maschilismo, se la sudditanza della donna ai ruoli familiari sembra appena scalfita, se vi è il ritorno dell’evasione scolastica, se la violenza sulle donne in famiglia è semplicemente, spesso, nascosta.

Secondo interrogativo: perché tanta risorsa femminile molto istruita rimane congelata e inespressa nell’indirizzo innovativo culturale, sociale e politico da dare al paese?

  • L’interesse dei vegliesi verso la loro scuola è un interesse solo per la formazione dei loro La preoccupazione principale dei genitori è quella di mandare i figli nelle classi con insegnanti migliori. Finita la frequenza scolastica dei figli a molti genitori la scuola della propria comunità non interessa più. Che tutta la scuola vegliese diventi esercizio di comunità e di civiltà per tutti interessa molto meno. Come non manca qualche caso di chi si proponga come “servitore della scuola” ma in realtà si serve della scuola per fare carriera amministrativa.

Terzo interrogativo: i problemi dell’istruzione in una comunità locale, che non abbiamo affrontato in questa scheda, sono tanti ma ai più appaiono lontani. Ci si affanna con iniziative private e pubbliche, frammentate e sporadiche, per dire che un paese esiste e vive. Perché non fare della scuola, con tutte le sue componenti, una locomotiva vincente per sconfiggere il “ritardo culturale”?

  • Se la istruzione è un diritto, la cultura non è un diritto ma una scelta. Il ritardo culturale è additato spesso a livello di masse popolari ma, secondo me, è molto più grave a livello di classe dirigente, di quegli individui che in una società si considerano in lotta contro la massa dei meno capaci e si sentono più preparati per conquistare una posizione direttiva, politica, amministrativa ed economica di una collettività. Oggi tutti aspettano tutto, in termini di offerta culturale, dalla propria classe dirigente che appare sempre più Ma è sbagliato. Solo un’offerta culturale “dal basso”, come si usa dire, può vincere il ritardo culturale nei confronti di una modernità che sembra farci precipitare

nel baratro della distruzione e della guerra. Solo una cultura carica di valori umani ci può salvare. Cultura e pace mi sono sempre sembrati quasi sinonimi.

Ultimo interrogativo: mi rivolgo al Direttore di Veglienews, al Direttore di Controvoci. Mi rivolgo a coloro che, anche se a livello del paese, si sentono dei piccoli o grandi influenzer: avviate una iniziativa unitaria che faccia passare il vostro ottimo lavoro di giornalisti dalla informazione veritiera e senza censura, pure importante (come capiamo in tempo di guerra), alla formazione culturale, all’offerta culturale.

Avanzo una proposta, sussurrata a bassa voce: avviate una iniziativa, sistematica e stabile, sul modello dell’Università della Terza Età, aperta a tutti, non con il metodo dell’insegnamento cattedratico ma con quello del confronto, anche con i tanti vegliesi sparsi nel mondo, per bandire il municipalismo e il provincialismo, per aprire il paese alla universalità, per costruire una narrazione diversa per un paese di cui non si fa parte se ci si dice vegliesi soltanto se si dorme a Veglie.

A coloro, spero pochi, che ritengono che la maggioranza del paese sia reazionaria; a coloro che si sentono l’avanguardia del paese; a coloro che “capisco solo io”; a coloro che “non c’è nulla da fare”, pongo alcune domande: siete sicuri che “il paese è perso”? a che serve guardare dall’alto in basso una collettività? Non vi viene il dubbio che è anche il vostro pessimismo a generare arretratezza?

Questo paese non sarà più arretrato e non arretrerà più solo se crede nei nuovi segni dei tempi, sempre più evidenti: il ruolo delle donne nella scena pubblica; l’apertura e la valorizzazione dei suoi tanti figli sparsi nel mondo, ricchi di tanta esperienza e cultura diversa; se si contamina con chi ha culture diverse. Insomma, se riuscirà a mettere insieme pane e cultura, in tempi di covid e di guerra.

29 marzo 2022

Antonio Greco

P.S.: la prossima scheda ha per argomento “Sviluppo locale e innovazione a Veglie”.

 

 
   

 ——- note ——

1 La fonte è una tesi universitaria dell’anno 1969-70 svolta presso la facoltà di Magistero l’Università di Lecce dal titolo “Veglie dal 1940 al 1945” di Antonio Cucurachi: 120 pagine dattiloscritte, con 4 capitoli, 17 tavole e 8 diagrammi fuori testo. Una miniera di informazioni della vita amministrativa, politica, sociale, economica e scolastica della cittadina nei cinque anni di guerra.

2 Cucurachi Antonio, Tesi cit., tav. n. 7 e tav. 17.

3 Cucurachi Antonio, tesi citata, pag. 48.

4 Le tabelle complete sono leggibili sul sito dell’ISTAT. Riporto qui solo alcuni dati riferiti all’oggetto della ricerca.

https://esploradati.censimentopopolazione.istat.it/databrowser/#/it/censtest/dashboards

 
   

 Si è soliti confrontare gli indici dei dati di un comune con quelli percentuali della provincia e della regione di cui fa parte. Mi è sembrato più opportuno riportare in nota i dati di due paesi vicini, Leverano e Campi, anche se quest’ultimo è più piccolo di Veglie per numero di Perché questi due paesi e non altri? E perché confrontarli? Un rapido sguardo ai dati ISTAT degli altri comuni vicini a Veglie non rileva particolarità significative. La scelta del confronto non si basa su tesi precostituite apriori. Non vuole fomentare campanilismi stupidi né tanto meno avvallare la tesi che l’erba del vicino è sempre più verde. Li riporto semplicemente perché i numeri sono più testardi delle nostre opinioni, o meglio, suggestioni.

I tre comuni, distanti geograficamente pochi chilometri l’uno dall’altro hanno una storia “salentina”, con molti elementi in comune ma anche con particolarità specifiche dovute alla storia passata, alla posizione territoriale rispetto alla città, alle strutture viarie di comunicazione, alla attività culturale, economica e sociale degli abitanti e anche alla classe dirigente e amministrativa.

6 Leverano (popolazione residente: 13.748, di cui 6.663 maschi e 7.085 femmine)

  1. nessun titolo di studio: 1164 (8,46%) (così suddivisi):

tra i 9 e i 24 anni: n. 297 (di cui 148 maschi e 149 femmine)

tra 25-49: n. 52 (di cui 34 maschi e 18 femmine)

tra 50-64: n. 71 (di cui 23 maschi e 48 femmine)

tra 65 e +: n. 744 (di cui 213 maschi e 531 femmine)

  1. Titolo di studio terziario di secondo livello e dottorato di ricerca: 950 (6,91%) (di cui 457 maschi e 518 femmine);
  2. licenza media o avviamento professionale (conseguito non oltre l’anno 1965) /Diploma di Istruzione secondaria di I grado: tra 9-24 anni: 915 (6,65%) (di cui 472 maschi e 443 femmine)
  3. con sola licenza elementare: n. 2.482 (18,05%) (di cui 1063 maschi e 1419 femmine) Totale (a+b): 3646 (26,52%)

7 Campi Salentina (popolazione residente: n. 910, di cui 4.707 maschi e 5.203 femmine)

  1. nessun titolo di studio: 626 (6,31%) (così suddivisi):

tra i 9 e i 24 anni: n. 178 (di cui 101 maschi e 77 femmine)

tra 25-49: n. 15 (di cui 8 maschi e 7 femmine)

tra 50-64: n. 41 (di cui 18 maschi e 23 femmine)

tra 65 e +: n. 392 (di cui 85 maschi e 307 femmine)

  1. con sola licenza elementare: n. 1.594 (16,06) (di cui 650 maschi e 944 femmine) Totale (a+b): n. 220 (22,40%)
  2. licenza media o avviamento professionale (conseguito non oltre l’anno 1965) /Diploma di Istruzione secondaria di I grado: tra 9-24 anni: 915 (9,23%) (di cui 472 maschi e 443 femmine)
  3. Titolo di studio terziario di secondo livello e dottorato di ricerca: 1120 (11,30%) (di cui 499 maschi e 621 femmine).

8 Benessere equo e sostenibile in provincia di Lecce, VII edizione. Questo vasto patrimonio informativo rappresenta una risorsa utile ai decisori pubblici per lo sviluppo delle agende di sviluppo sostenibile a livello territoriale.

9 https://www.change.org/p/manifesto-per-la-nuova-scuola

 

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