LA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA- OGGI

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TACQUEVILLE Diario di Bordo

In questi giorni pensavo alla democrazia e al significato del pluralismo, di cosa vuol dire dar voce alle minoranze politiche. A volte siamo tendenti a pensare che la democrazia finisca alle elezioni, e che si basi solo sul fatto  di scegliere un nostro rappresentante che ci governi e che faccia i nostri interessi. Ma in realtà, questo modo di pensare è l’antitesi dell’essenza della nostra democrazia, perché la nostra costituzione partendo dalla sua stesura,  ha un concetto di democrazia che va al di là da quello che forse alcune persone pensano di sapere.

La nostra Repubblica, il nostro sistema politico, sono fondati in particolar modo sul dare voce alle minoranze politiche, quindi si spinge molto più in là della semplice elezione.

Una persona che mi torna in mente affrontando questo ambito della democrazia, è il filosofo, politico e giurista Alexis de Tocqueville, una persona di spicco per il costituzionalismo europeo.

Tocqueville andò in America per studiare il sistema politico americano nella sua interezza e ne rimase colpito, in particolar modo ci parla della partecipazione  del popolo al sistema associazionistico e democratico che faceva da collante con il governo centrale, proprio per questo scrisse la sua opera intitolata “La democrazia in America”.

Grazie a persone come Tocqueville, in Europa venne spianata la strada per un nuovo pensiero politico e rivoluzionario per l’epoca: il Costituzionalismo democratico.

Oggi concetti come Repubblica e Costituzione ci sembrano alquanto normali, ma nel 1800 in Europa non era così.

Oltre a parlare della partecipazione reale del popolo, Tocqueville mise in guardia il sistema democratico in merito ad una possibile dittatura della maggioranza, dove le minoranze non vengono ascoltate.

E’ interessante questo concetto, perché in gran parte dei casi, quello che accade oggi nel nostro paese, è che le minoranze di ogni genere non vengono prese minimamente in considerazione.

Dalle amministrazioni locali al parlamento, si evince una visione culturale distorta della democrazia e del costituzionalismo, la cui distorsione fonda le sue radici sull’idea che “chi vince comanda”.

In effetti in questi anni abbiamo avuto vari esempi di questa distorsione, partendo dall’epoca Berlusconiana dove si introdusse il concetto di “Premier” al posto di “Presidente del Consiglio”, nel 2016 dove abbiamo avuto un tentativo di Riforma Costituzionale del titolo V con la centralizzazione dei poteri ed ancor prima la legge elettorale Italicum e Porcellum (Governo Renzi),  la riduzione del numero di parlamentari con la riforma costituzionale del governo Conte ed in ultima analisi l’ulteriore tentativo di introdurre il “Premierato” a tutti gli effetti con il governo Meloni.

Prendendo atto di tali eventi è interessante tornare storicamente indietro nel tempo, e fare cenno al senso dei valori e al significato della nostra carta costituzionale: i padri costituenti della nostra Repubblica hanno scartato l’idea di pensare il nostro sistema di governo in un’ottica di premierato, in quanto la nostra costituzione, essendo nata nel periodo post-fascista si concentra a far partecipare tutte le forze democratiche del nostro paese, dentro e fuori dal parlamento, alle decisioni politiche, dando ad esse la forza e gli strumenti per poter essere parte di una democrazia degna d’essere chiamata tale, cosa che durante il periodo fascista non avveniva, infatti chi era contro il governo veniva oppresso ed escluso dallo stato.

Forse siamo noi a non essere ancora pronti per assimilare questo concetto? Siamo davvero estranei alla democrazia e alla pluralità da avere bisogno di un capo bastone che ci comandi?

Massimo d’Azeglio ebbe a dire: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, forse è proprio così. Uno dei padri costituenti della nostra Repubblica Piero Calamandrei, in un suo discorso agli studenti milanesi disse: La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.

Magari ultimamente ci stiamo un tantino allontanando dal nostro programma e dal concetto di Repubblica così come è stata costituita, forse stiamo iniziando a perdere davvero quei valori che hanno a che fare con il nostro concetto democratico italiano, nonostante nel XX secolo abbiamo attraversato un ventennio pieno di disuguaglianze e violenze da parte dello stato.

Negli ultimi anni, la politica cerca di introdurre all’interno del nostro stato modelli governativi di nazioni vicine a noi che non ci appartengono, e che non  hanno nulla a che fare con la nostra storia e con la nostra cultura, modelli che sono fallimentari per il buon andamento del nostro paese. E allora di cosa abbiamo bisogno?

Credo che la nostra società ha urgente bisogno di tramandare i valori costituzionali alle nuove generazioni, studiando seriamente la costituzione ed il nostro sistema parlamentare come un programma che deve essere perseguito da tutte le istituzioni, ma in particolar modo da noi cittadini.

La nostra carta costituzionale è singolare, e  non ha bisogno di essere stravolta con demogagia e populismo di sinistra e di destra, ma ha solo bisogno di essere aplicata nella sua interezza. Per questo dar voce ad una minoranza politica che può essere anche in contrasto con una linea di governo, è un valore aggiunto per la nostra comunità ed il nostro paese, perché è l’essenza stessa della democrazia.

Questo ci aiuterà a porre le basi per iniziare a lavorare seriamente per il nostro paese, in modo da raggiungere gli obiettivi della nostra costituzione che sono quelli della pace, dell’uguaglianza, della libertà di partecipazione e della giustizia sociale, obiettivi che con una persona sola al comando non potranno mai essere raggiunti.

“Noi vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali”. – Enrico Berlunguer

“Il potere si legittima davvero e solo per il continuo contatto con la sua radice umana e si pone con un limite invalicabile: le forze sociali che contano per se stesse, il crescere dei centri di decisione, il pluralismo che esprime la molteplicità irriducibile delle libere forme della vita comunitaria.” – Aldo moro

“Il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione non potranno essere conseguenza automatica del progresso tecnologico. Saranno, quindi, necessarie nuove politiche pubbliche per guidare questo imponente processo di trasformazione. […] Non c’è democrazia senza pluralismo e imparzialità dell’informazione.” – Carlo Azeglio Ciampi

dal blog di Daniele Ascanio – Diario di Bordo

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