Accade nel Salento – A Veglie, la promessa mancata del Centro Polifunzionale
Quando gli amministratori non scelgono per il Bene Pubblico
di Donato Vese
I pubblici uffici devono assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
La Costituzione afferma sicché un chiaro principio fondante l’interesse generale dei consociati.
Il comune di Veglie secondo un opposto criterio decide per il bene di nessuno, ovvero di qualcuno.
L’aver perduto de facto la chance per accedere ad un finanziamento da mezzo milione di euro a beneficio della collettività è aver scelto il male pubblico.
A due anni di distanza si può così affermare che l’esecutivo di un ente territoriale, in pieno possesso delle sue facoltà, ha ostacolato l’erogazione di un servizio di utilità generale, condannando i cittadini ad onerose ed inutili trafile per l’assolvimento del fondamentale diritto alla salute.
La p.a. di Veglie, annichilita da un ormai tristemente noto immobilismo decisionale e burocratico – aggravato dalla recente crisi della giunta, ridottasi numericamente a pochi intimi – ha formalmente impedito l’apertura
del c.d. CPT “Centro Polifunzionale Territoriale” togliendo la possibilità a 14 mila cittadini di poter usufruire sul proprio territorio di: un Centro Prelievi, un Centro di Medicina Specialistica, un Centro di Medicina di Base, un Consultorio Familiare, una Guardia Medica e un Ufficio Vaccinazione.
A nulla sono valsi i moniti del gruppo di minoranza in via Parco delle Rimembranze.
I consiglieri Nicolaci, Landolfo e Paladini hanno cercato vanamente di dar risalto alla vicenda, rendendo edotta la cittadinanza sull’inspiegabile inerziaomissione dei propri rappresentanti politici che invece sono subito corsi ai ripari, appellandosi ad un’ormai logora ed abusata giustificazione, un luogo comune questo “scarica barile”: chiamare al banco degli imputati la precedente amministrazione Fai è sembrato nient’altro che un diversivo per distorcere la realtà dei fatti, ormai evidente ed incontrovertibile.
Nessuna scusante può essere addotta dall’amministrazione a sua difesa per spiegare il mancato rispetto dei termini per la conclusione dell’iter procedimentale.
La possibilità di rifinanziamento del progetto, più volte ribadita dalla maggioranza del consiglio, non può pertanto eludere l’assunto secondo cui la cura dell’interesse pubblico si realizza anche attraverso il corollario dei principi costituzionali di “tempestività” e “celerità” dell’agire amministrativo.
Quella che senz’altro sarebbe stata una grande occasione, vanificatasi ancora una volta, è stata schiacciata dal peso di forti interessi che sebbene non coincidano con quelli della comunità riescono ad emergere e puntualmente a soffocare i bisogni veri e autentici dei più, solo per soddisfare la volontà dei pochi. Così, dinanzi a simili fenomeni di disinteresse del bene pubblico, si auspica vivamente che la politica territoriale
come pure quella nazionale, si senta chiamata moralmente in causa, in modo che si possa contrastare
quell’abietto e turpe fenomeno qual è il “mercimonio della res pubblica” ad oggi riprovevolmente sottaciuto nei meandri del nostro sentire di un ideale di bene comune.
vese.donato@yaleuniversity.edu