“Non più chiedere in ginocchio e con il cappello in mano ma con consapevolezza di diritti e doveri, non più criticare ma far fare e fare…”
Ieri sera ho assistito all’ottima iniziativa della associazione Bottega civica che, puntando su un bisogno molto concreto (ricerca di un luogo fisico pubblico d’incontro), ha riunito presso la sala della biblioteca del comune di Veglie numerose associazioni, gruppi e comitati operanti sul territorio e semplici cittadini.
Gli interventi sono stati vivaci, attenti e propositivi, con una lettura esperienziale della situazione locale, con comparazioni della realtà locale con altri aggregati sociali vicini (non uso volutamente il termine “comunità locale”), con riferimenti ad alti e bassi della storia locale.
Al di là degli esiti e dei risultati che l’incontro (ripeto, estremamente positivo) potrà avere, intervengo non per fare valutazioni che non mi competono ma per dare un modesto contributo perché il filo che si vuole stendere, per collegare le realtà associative diverse vegliesi, non si spezzi.
Lo faccio con una modesta proposta. Previa una premessa.
E’ acclarato da analisi sociologiche rigorose che il sistema democratico è diventato così complesso e la società così regolamentata che il cittadino ha visto delegare a poco a poco tutti i suoi poteri a rappresentanti incaricati di esercitarli in sua vece. Sono entrati fortemente in crisi i cosiddetti “corpi intermedi” esistenti tra il semplice cittadino e le istituzioni destinate a gestire la vita sociale. Partiti, sindacati, patronati, associazioni, gruppi, movimenti… ci sono ancora, ma vivono per interessi particolari, appaiono senz’anima e sono sempre più senza la linfa della necessaria mediazione tra potere e cittadino ai fini del conseguimento del bene comune.
Se lo sguardo si sposta dalla situazione nazionale a quella locale, anche la “istituzione primordiale” che è l’ente locale “Comune”, così come lo conosciamo e come si è strutturato giuridicamente e cristallizzato con il Testo Unico per gli Enti Locali del 2000, appare affetto dalla grave malattia che ha colpito tutta la democrazia rappresentativa.
Oggi 2019 più di ieri, l’ente locale è sempre più nelle mani di pochissimi, vive di politiche non inclusive, dichiara di voler favorire la partecipazione ma purché sia frammentata e non disturbi il conduttore, non riesce a gestire e valorizzare la proprietà e i beni pubblici, cura interessi di pochi, vive per mantenere solo sé stesso.
Non c’è lo spazio per motivare queste affermazioni che certamente non valgono solo per Veglie. Ma non perché la malattia è estesa oltre il locale, chi vive nel cerchio più piccolo e di base può sentirsi rassicurato e non far nulla.
Veglie è stata da diversi anni ricca di corpi intermedi che hanno affermato o difeso interessi di gruppo o anche individuali. E non c’è da scandalizzarsi se questa situazione di frantumazione negli interessi c’è, se appare cosa normale nella routine della vita quotidiana e se diventa più visibile e rumorosa nel momento in cui bisogna esprimere un voto. Voler sradicare questi interessi di parte (partito significa essere di parte) o presumere di omologarli in un’unica struttura è pura illusione e fatica inutile. Anche il solo coordinamento (pur necessario) o la “messa in rete” (come si dice oggi) di queste diverse parti di un vivere sociale, se manca un orizzonte più ampio o un obiettivo più preciso, prima o poi è destinato a fallire.
Urge, invece, creare uno spazio fisico e un luogo dove il confronto di diverse “parti”, ciascuna con la sua autonomia e la propria finalità e strategia di agire, costruisca un modo nuovo di rapportarsi all’ente locale. Penso a un “forum permanente” dove si impara e si insegna a ribaltare i rapporti tra cittadino ed ente locale: non più chiedere in ginocchio e con il cappello in mano ma con consapevolezza di diritti e doveri, non più criticare ma far fare e fare, non più aspettare ma incalzare, non più lamentele ma determinazione…
Il “Forum”, però, se vuole essere credibile ed efficace e se non vuole puntare solo sul principio “l’unione fa la forza”, ha bisogno di trovare un “focus” che sia oltre i problemi evidenti e concreti della vita amministrativa, oltre la buca, la pubblica illuminazione, l’appalto, la licenza, la piccola o grande ingiustizia. Certo anche questi problemi non vanno sottovalutati ma sono problemi che ciascun partito, gruppo, associazione, può affrontare con la sua sensibilità, con la sua finalità. E qual può essere questo focus? Mi permetto di suggerire quello su quei “beni comuni” che non si identificano con i beni pubblici.
La gestione dei beni pubblici a Veglie è davvero disastrosa: beni privatizzati, dimenticati, abbandonati, immobili di proprietà di tutti vuoti e, dopo, aver speso milioni di euro di tutti, lasciati a marcire da anni. E per questi si tratta di capire perché e, se c’è da denunciare, nessuno si può girare dall’altra parte sol perché non sono beni privati. Ma vi sono altri beni: i beni comuni, che, ripeto, non si identificano con i beni pubblici, sono totalmente dimenticati e nemmeno percepiti come tali da una cultura comune.
Sono beni comuni, tra gli altri: le acque; l’aria; i parchi, le foreste e le zone boschive; la fauna selvatica e la flora tutelata; i beni archeologici, culturali, ambientali e le altre zone paesaggistiche tutelate. E questo solo per fare esempi non esaustivi.
Ed ecco la proposta che motiva questo mio intervento.
In tutta Italia è iniziata da qualche giorno una campagna per la raccolta di firme per un PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE, iniziativa annunciata nella Gazzetta Ufficiale n. 294 del 19-12-2018 (“Disegno legge delega della Commissione Rodotà: beni comuni, sociali e sovrani”). Il Comitato nazionale punta a raccogliere un milione di firme. Per info:
http://www.benipubbliciecomuni.it/
La mia proposta non si limita a chiedere una firma ma è un invito a dare ai «LUOGHI DEL DIALOGO – IDEE E STRUMENTI PER COMUNICARE» un’anima oltre gli interessi di parte, pur legittimi, di ciascuna associazione.
E’ giusto che troviate o che vi sia dato un luogo, casa di tutti. E’ un primo passo. Un passo alla volta, direte. Ma cercate anche ora il filo rosso che vi lega oltre gli interessi di ciascun gruppo. Solo se c’è questo orizzonte più ampio vi potete imporre, in modo credibile, a chi si sente padrone della casa di tutti senza esserlo. E fuggirete alla tentazione di sostituire l’attuale padrone, dopo che vi è stato messo in bocca un tozzo di pane, con le stesse modalità e logiche che ora combattete. E, poi, bando ad una cultura – che qualcuno chiamerebbe “paesana” – fatta di chiusure, invidie, gelosie e ataviche sudditanze.
15 marzo 2019 Antonio Greco
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