“Fanoi” di S. Antonio, Veglie (Ph. F. Coppola, 2017).
Il falò di Sant’Antonio, festa tradizionale dal significato religioso e simbolico
Quest’anno a Veglie non si accenderà il falò di Sant’Antonio. In altri paesi del Salento il falò è chiamato “fòcara”, dal latino “focus”, fuoco, fiamma, pira.
A Veglie è chiamato “fanoi”, termine derivato dal greco “fanos” (φανοσ), lanterna, fanale, lume (Gilberto Spagnolo, in Antonio Catamo). A Castellana è chiamato “fanova”; a Taranto, in provincia di Bari, a Foggia e provincia, nel Cilento, “fanoja”, acceso per festeggiare San Giuseppe, l’Immacolata, la vigilia di Natale.
A Napoli è detto “cippo di Sant’Antonio”, organizzato dai ragazzi in modo estemporaneo e non autorizzato nelle piazze e nelle strade di alcuni quartieri popolari. Visto il forte attaccamento alla tradizione che resiste nonostante i divieti, il Comune di Napoli potrebbe trovare la modalità di far sopravvivere questa usanza in sicurezza e senza eccessi, in quartieri dove alcuni ragazzi hanno un gran bisogno di valori positivi di riferimento. Forse provando a utilizzare grandi bracieri, si eviterebbe di vedere contrapposte alla legalità tradizione e voglia di festa.
Anche in Sardegna il diciassette gennaio si brucia il falò e si benedicono le greggi, poiché il santo protegge gli animali domestici.
Nella civiltà contadina il fuoco è utilizzato generalmente per fare festa, luce, calore, seguito da cottura o arrosto di cibo. Ma in alcune tradizioni può assumere significati particolari. A Castellana l’undici gennaio si festeggia la Madonna della Vetrana, a cui si attribuisce la salvezza della città dalla peste nel 1691; quindi le “fanove” bruciano anche per rievocare i roghi che vennero appiccati per smaltire il materiale infetto, con significato purificatorio.
Oltre alla purificazione, il falò può avere anche il significato di domesticazione, di padroneggiamento, di controllo da parte dell’uomo di un elemento naturale come il fuoco, che può essere utile per l’uomo quanto distruttivo. L’antropologo Vincenzo Padiglione descrive una leggenda popolare, Sant’Antonio ruba il fuoco al diavolo con l’aiuto di un maialino. Una leggenda che si sovrappone al mito greco di Prometeo, che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, e per questo punito da Zeus.
In passato la tradizione dei falò era più diffusa nei centri urbani; oramai fortemente ridotta per preservare il manto stradale, e per motivi di sicurezza, data la rete di distribuzione di energia elettrica e del gas metano.
Quest’anno sarà una ricorrenza “fredda”, con l’auspicio che nel 2022 possano bruciare assieme alle fascine anche il covid-19, il distanziamento sociale, e tutte le nostre preoccupazioni.
Veglie, 13/01/2021
Dott. Fabio Coppola