Tra il 2 e il 3 giugno 1946, gli italiani scelsero di far diventare l’Italia una Repubblica Costituzionale. Dopo 85 anni di regno dei Savoia, di cui 20 di dittatura fascista, conclusa con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, il referendum popolare, con un margine di appena 2 milioni di voti, segnò la fine della Monarchia e l’esilio dei Savoia.
Piero Calamandrei definì la nascita della Repubblica in Italia «un miracolo della ragione»: «Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà, che una Repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo, mentre era ancora sul trono il re».
Alba de Céspedes, all’indomani del voto, sottolineò che la nascita della Repubblica era stata «discreta e sommessa». Così anche la concessione del diritto di voto alle donne, il 1° febbraio 1945, fu “discreta e sommessa”, tanto che il governo dei partiti antifascisti che la decise, dimenticò di riconoscere alle donne il diritto di essere elette a rappresentare nella nuova Italia democratica il popolo sovrano.
Tale diritto fu esplicitamente dichiarato col decreto luogotenenziale del 10 marzo 1946, che stabiliva le procedure per l’elezione dell’Assemblea Costituente. All’articolo 7 si affermava che erano eleggibili all’Assemblea Costituente «i cittadini e le cittadine italiani, che al giorno delle elezioni abbiano compiuto il 25° anno di età».
“Non c’era mai stato prima il diritto delle donne ad essere libere cittadine appartenenti, come gli uomini, a un popolo sovrano”. Non ci eravamo mai data l’opportunità del contributo più alto e costruttivo alla storia del nostro Paese.
Le donne militanti nei vari partiti fecero sentire la loro voce e riuscirono a colmare una grave lacuna prima che si celebrassero il referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea Costituente, che ebbe il compito di eleggere il Capo provvisorio dello Stato e scrivere la nuova Carta Costituzionale.
L’Italia così si incamminò verso la ricostruzione materiale con maggiore determinazione e consapevolezza di sé: città, case, impianti industriali, infrastrutture stradali e ferroviarie, distrutte dai combattimenti e dai bombardamenti aerei. Nel contempo si organizzò attraverso una nuova forma istituzionale, dopo venti anni di Fascismo.
Norberto Bobbio nel tredicesimo anniversario della nostra Repubblica ci lasciava delle parole che dovremmo scolpire nella nostra mente e nel nostro cuore per l’importanza civile che rivestono. “I pericoli permanenti di ogni regime democratico sono due: l’indifferenza, ciò che i sociologi chiamano l’apatia politica, e la manipolazione del consenso, ovvero la mancanza di partecipazione e la partecipazione distorta da una propaganda informata allo spirito della crociata, fondata sull’intimidazione, sul ricatto, richiamantesi all’immagine dell’ultima spiaggia. Contro questi due pericoli l’unico rimedio è in noi stessi, nella nostra maturità di cittadini, nell’impegno personale e nella responsabilità individuale, nel rifiuto di delegare altri al nostro posto”.
Auguri allora perché 75 anni insieme tra la Repubblica affascinante e ieratica e il suo Popolo attento e consapevole non sono pochi. Auguri soprattutto perché Repubblica e Popolo hanno ancora molta strada da percorrere insieme e tanti diritti da riconoscere.