Il post sull’account fb dell’assessore Prato in merito all’atto vandalico ai danni della panchina rossa dedicata alle donne vittime di violenza domestica e quello pubblicato dalla pagina del Polo 1 Peppino impastato di Veglie ha scaturito in me alcune riflessioni che mi permetto di condividere e che spero possano essere lette con spirito costruttivo e con l’intento che hanno di creare piani di condivisione e collaborazione.
Tutti i commenti ai post denotano la possibilità e soprattutto l’opportunità di un dialogo di fronte ad un’azione di questo tipo, soprattutto alla luce del fatto che non abbiamo nessuna informazione a riguardo dell’autore, ritengo sia un’occasione importante per riflettere sulla realtà che vivono i nostri adolescenti.
Nessuno giustifichi quanto accaduto, nessuno minimizzi la portata della faccenda, per questo motivo è senza dubbio il caso di cercare insieme un’analisi di quali siano stati i vissuti degli adolescenti.
Già prima della pandemia a guardar bene la situazione di vita dei nostri ragazzi si potevano scorgere importanti situazioni di disagio che non siamo stati in grado di affrontare con la giusta tempestività e il giusto piglio. Gli adolescenti, esclusi pochi casi virtuosi di inclusione e valorizzazione, sono stati trattati per troppo tempo come degli “invisibili”, mai come una risorsa.
Il disagio di questi anni che ha colpito sicuramente tutti noi ha inciso fortissimamente sulla fascia di ragazzi che in questo momento stentiamo a riconoscere. La chiusura del periodo pandemico ha portato molti dei nostri adolescenti a chiudersi ancora di più in sè stessi in un quadro in cui la già precaria socializzazione dovuta ad un’età difficile viene compromessa ancor di più da restringimenti e obblighi inediti che nessuno aveva mai dovuto sopportare.
Oggi i nostri ragazzi sono di fronte ad una realtà che fa presagire fortunatamente un ritorno alla normalità ma quello che hanno perso non tornerà, quello che hanno dovuto subire se lo porteranno dietro nel tempo, la drammaticità del periodo pandemico ha pesato gravemente soprattutto su di loro. Oggi li vediamo dunque disorientati e comunque disabituati allo stare insieme.
Tutte le ricerche concordano: “con la pandemia un’allarmante percentuale di giovanissimi sta manifestando i segni di un disagio. I tassi di depressione e ansia che si registrano sono direttamente correlati alle restrizioni: si impennano cioè quando viene impedita la socialità, quando si deve tornare alla didattica a distanza, quando non si possono coltivare le relazioni con i coetanei che in adolescenza sono indispensabili. A pagare il prezzo più alto sono i ragazzi della scuola secondaria superiore, una fase essenziale per le nuove esperienze e per i primi traguardi. Non vivere nella normalità tappe come l’esame di maturità o i primi amori per la psiche di un giovanissimo è assimilabile a un lutto e come tale può essere un fattore scatenante di ansia e depressione. Tanti stanno mostrando di non riuscire a uscirne: per loro la pandemia è stata una sorta di ‘catalizzatore’, un evento che li ha portati su una traiettoria di malessere. Senza contare coloro che erano già fragili prima di Covid-19, per i quali la pandemia è stata ancora più difficile da affrontare. Tutti devono essere intercettati e aiutati”. (Claudio Mencacci, co-presidente della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e direttore emerito di neuroscienze e salute mentale all’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano)
Gli atti vandalici, nei riguardi dei simboli presenti nell’arredo urbano, sono una costante sia nei piccoli che nei grandi centri. Oggi sono più numerosi? No. Come contenerli? Programma vasto e impegnativo. La colpa è del Covid 19 e le conseguenti ristrettezze sociali che ne sono scaturite? No!
Di fronte a noi però abbiamo la necessità di un intervento che dovrà essere condiviso, corale, che abbia come unico obiettivo il benessere dei nostri ragazzi e in maniera indiretta il benessere di tutta la nostra comunità.
Per far questo abbiamo bisogno di spenderci e di farlo insieme, mettendo a servizio quello che siamo in ogni ambito sotto il profilo amministrativo, educativo, genitoriale, sotto il profilo del controllo del territorio. Ha ragione l’assessore Prato: Non basteranno tutte le telecamere di questo mondo, (io aggiungerei) non basteranno tutti i blocchetti di multe di questo mondo, se non saremo in grado di produrre per i nostri ragazzi un ambiente che sia socialmente, culturalmente, relazionalmente stimolante. E per questo motivo sarà opportuno che si produca un laboratorio permanente all’interno del quale le agenzie educative del territorio (scuole, famiglie, parrocchie, associazioni sportive e culturali), gli amministratori, i genitori, possano insieme incontrarsi, parlarsi, confrontarsi e possano in questa maniera elaborare delle soluzioni a quella che è una realtà che non andrà assolutamente presa sotto gamba per quelli che ne sono i connotati.
Facciamoci promotori di un innesco di buone pratiche di relazionalità partendo dall’utilizzo di luoghi che possano fare da catalizzatore della bellezza e dell’estro dei nostri ragazzi. È il momento di mettere in funzione il Laboratorio urbano Giovanile, la Biblioteca Comunale, Casa Tramacere e tutti quegli spazi in cui i giovani possano esprimersi, determinarsi e soprattutto stare insieme.
Proviamoci, possiamo farlo insieme!
Angelo Cipolla