Da quando mi sono trasferita per studiare nella città che per me è ormai casa, una delle cose che mi rende più felice è sapere che se ho voglia di vedere un film mi basta percorrere qualche metro per sedermi nella platea di un cinema qualsiasi.
Posso andarci il sabato sera, quando proiettano il film del momento e la sala è piena di gente; posso andarci in settimana quando fanno la retrospettiva con i film in svedese o in cinese sottotitolati e so che insieme a me ci saranno al massimo altre due persone; posso andare in un locale che ha adibito un gazebo a sala proiezioni, dove senza neanche il bisogno di pagare ho l’ebbrezza di provare il silent cinema (corrispettivo della silent disco, per intenderci).
Sapere di poter avere questa possibilità mi ha fatto sentire sollevata venendo qui.
Fin da bambina una delle cose che più mi è mancata è stato proprio andare al cinema. Per questo, adesso, ogni volta che posso mi rinchiudo in quella saletta consapevole del fatto che mi emozionerò al solo spegnersi delle luci.
Quando ero piccola e passavo dalla strada del cinema qui a Veglie mi chiedevo perché fosse chiuso. L’unico ricordo legato a quel posto sono i racconti dei miei nonni di quando, da giovani, si nascondevano tra le poltroncine per passare un po’ di tempo insieme nella speranza di non essere scoperti.
Una delle ultime volte che ci sono passata c’erano solo delle macerie. E insieme ad esse i messaggi di chi, amareggiato e profondamente arrabbiato, mi raccontava che al posto del cinema probabilmente sarebbe sorto un centro commerciale.
Adesso, che sono ritornata per le vacanze ci sono ripassata – forse perché sono un po’ masochista nei confronti di me stessa – nella speranza di non trovarci quello che effettivamente sapevo ci sarebbe stato.
Non so descrivere precisamente le emozioni che ho provato, dato che l’unica nostalgia che posso sentire è legata alle domande della me di tanti anni fa che si chiede perché quel posto è chiuso da così tanto tempo.
Domande che con il passare del tempo continuo a pormi, soprattutto adesso che comprendo fino in fondo la bellezza di vedere un film in lingua originale, in pellicola, di nicchia.
Adesso che so che uscire di casa e percorrere qualche centinaio di metri per entrare nel buio della sala è possibile. E insieme a me, lo sanno decine e decine di altre persone che continuano a chiedersi se l’immobile di un locale commerciale è davvero più importante di un cinema.
E soprattutto se un giorno ci sarà nuovamente un cinemino in cui potersi rifugiare per guardare un film, per darsi appuntamento con la propria metà, per addormentarsi, per diventare cinefili.
Per assaporare il piacere di andare al cinema senza doversi spostare a chilometri di distanza.
a cura di Alessia Sabetta